«Decreto sicurezza, non ci piace»

Cgil e Cisl Monza Brianza, insieme ad Acli, Anpi, Arci ed Emergency Monza Brianza, esprimono grande preoccupazione e un netto dissenso a fronte dell’approvazione della Legge 1° dicembre 2018, n. 132 di conversione del cosiddetto «decreto sicurezza».

Oltre a presentare profili costituzionali di dubbia legittimità e un evidente conflitto con i principi del diritto internazionale, il provvedimento ha già iniziato a produrre effetti dirompenti non solo sulle vite di migliaia di individui, ma anche sull’intero sociale. Le misure contenute nel dispositivo di legge aumentano il numero dei migranti in situazione di irregolarità e determina una condizione di maggiore insicurezza nelle nostre città.

Il decreto stravolge il sistema dell’accoglienza. Fino a qualche settimana fa esistevano due livelli di accoglienza: il primo, i Cas, i Centri di Accoglienza Straordinaria, dove si procede all’identificazione del migranti, si esamina la domanda di asilo, si valuta lo stato di salute e la sussistenza di eventuali condizioni di vulnerabilità, come aver subito stupro, violenza, stato di gravidanza e presenza di un nucleo familiare. Il secondo, lo Sprar, Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, gestito dai Comuni che si attivava una volta esaurita la prima fase, aveva come obiettivo non solo il mantenimento delle condizioni essenziali di vita ma soprattutto l’integrazione dei richiedenti asilo in attesa delle valutazioni da parte delle Commissioni Territoriali. A fronte del ridimensionamento dello Sprar è lecito attendersi un’incremento del rischio di malaffare e corruzione attorno alla gestione dei grandi centri.

Lo Sprar viene sostituito dal Siproimi a cui potranno accedere soltanto i titolari di protezione internazionale e i minori non accompagnati e non anche, come in precedenza, i richiedenti asilo. L’abrogazione della protezione umanitaria, sostituita da permessi speciali temporanei (ad es. in caso di condizioni di salute di eccezionale gravità, situazioni contingenti di calamità nel Paese di origine, atti di particolare valore civile), l’ampliamento del novero dei reati che, in caso di condanna definitiva, comportano il diniego o la revoca della protezione internazionale, l’estensione, da 90 a 180 giorni, della durata massima del trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio, l’ampliamento dei casi per disporre il trattenimento degli stranieri, la previsione di revoca della cittadinanza acquisita per matrimonio o naturalizzazione o concessa allo straniero nato e residente in Italia fino alla maggiore età, in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione, testimoniano della volontà di fare del migrante un colpevole dei mali che affliggono il Paese, un catalizzatore della rabbia sociale.

Ma quali sono gli effetti reali che la norma approvata produce? I richiedenti asilo con le loro famiglie, le donne sole con bambini, non solo non hanno più accesso ad un’accoglienza dedicata, ma saranno ancor più impossibilitati ad ottenere un titolo di soggiorno regolare, trasformandosi in soggetti ancor più fragili socialmente e ricattabili. Cresce enormemente il rischio dell’accettazione di un lavoro irregolare in nero o di pagare per avere un contratto che consenta di convertire il permesso da umanitario in lavoro. Detto altrimenti: maggiore sfruttamento lavorativo, sicurezza ridotta a zero e un maggior numero incidenti.

Inquietante è la comparsa di una detenzione amministrativa a tutti gli effetti, che può durare fino a oltre sei mesi, per persone che non hanno commesso alcun crimine, impiegata unicamente come criterio per verificarne l’identità. Sia chiaro, la nostra sicurezza non dipende dall’emergenza migranti, che non c’è e non c’è mai stata!

Tutti noi denunciamo con forza l’impatto negativo che queste misure produrranno sulle comunità locali e i sindaci, che si troveranno a dover gestire un acuito disagio sui loro territori e un aumento del conflitto sociale.

Oltre alla denuncia, continua il nostro impegno quotidiano finalizzato al supporto e all’inclusione dei migranti, perché solo operando per la legalità, il rispetto dei diritti umani e la dignità delle persone faremo fronte alle ingiustizie patenti e quella cultura divisiva che genera un razzismo dilagante.

È ora di una straordinaria assunzione di responsabilità, e di una azione diretta a dare voce e organizzare una resistenza civile e culturale ampia, diffusa, unitaria.