Sanità privata, contratto fermo

da www.mbnews.it

Il tentativo di dialogo portato avanti dalle organizzazioni sindacali è stato inutile. Le due associazioni Aris, per quanto riguarda gli enti religiosi e Aiop, per quanto concerne gli enti sanitari profit, bloccano le trattative sul rinnovo del contratto collettivo nazionale lavoro della sanità privata. «Non abbiamo i fondi necessari», sostengono le due associazioni, ma i sindacati, sulla base del fatturato prodotto soprattutto dalla  Aiop, sostengono che a mancare è solo la volontà.

Ne hanno parlato dalla sede monzese della Cisl in via Dante, la segretaria generale Rita Pavan e Lucia Pezzuto, segretaria territorio Cisl funzione pubblica. I salari della sanità privata, a oggi più bassi di quella pubblica, sono fermi da ormai 12 anni. «È dal 2007 – testimonia Lucia Pezzuto – che non viene rinnovata la parte salariale e dal 2005 che non viene rinnovata la parte normativa».

Le trattative con le due associazioni, iniziate poco più di un anno fa, sembravano procedere a buon punto sulla parte normativa «ma – spiegano Pezzuto e Pavan – da febbraio si sono interrotte sulla parte salariale».

La motivazione, secondo quanto riportato, risiede nel fatto che lo sforzo richiesto per aumentare i salari – si parla di poco più di 100 euro al mese lorde – è troppo oneroso per le tasche di Aiop e Aris, che a questo punto chiedono l’intervento congiunto delle Regioni affinché possano procurare loro le risorse necessarie per far fronte alla richiesta di rinnovo, attraverso una revisione delle tariffe delle prestazioni.

Una richiesta, la loro, che Regione Lombardia ha annotato, ma che resta difficile da concretizzare. Trattandosi infatti di un rinnovo a livello nazionale, gli attori da coinvolgere sarebbero tutte e venti le regioni. Ognuna con la sua prerogativa, ma soprattutto con la sua situazione economico finanziaria.

Oltre alla difficoltà nel fare comunicare le diverse istituzioni, «il problema è prettamente strumentale da parte delle due associazioni. Pretendere che le regioni si accollino l’onere degli aumenti salariali non ha senso – ha spiegato Rita Pavan – anche perché in questi anni i datori del lavoro della sanità privata hanno offerto prestazioni, pagate con risorse pubbliche, retribuendo il personale di pari qualifica mediamente 100/130 euro in meno rispetto al settore pubblico».

A questo punto, niente di nuovo sul fronte occidentale, verrebbe da dire. L’onere, a onor del vero,  non è certo cosa da poco. «Riconosciamo l’impegno richiesto – ammette Lucia Pezzuto – solo in Lombardia si tratta infatti di 50 mila dipendenti circa». Ma da qui la provocazione: «parliamo di personale altamente specializzato e laureato. Lo stipendio medio oscilla tra i 1.100 e i 1.300. Troppo pochi e soprattutto non adeguati al lavoro svolto. Che valore vogliamo dare alla cura della persona?».

«Provocazione» a parte, non resta che leggere i dati e da lì farsi un’opinione. Per quanto riguarda la Lombardia i gruppi più grossi nel settore profit sono l’Umanitas, il gruppo San Donato – San Raffaele e la Multimedica. Il Don Gnocchi, la clinica Zucchi ed il Policlinico per quanto riguarda Monza.

Tutti grossi gruppi che contano circa 1,4 milioni di ricoveri l’anno, per un giro d’affari che consta circa due miliardi di fatturato.

«In questo settore – precisa Pezzuto – ci sono professionalità di eccellenza, e i malati o le persone che necessitano di cure arrivano da tutta Italia e dall’estero. Non si possono mortificare così lavoratrici e lavoratori». «Com’è possibile – si chiedono da Cisl – che a fronte di questi numeri, le due associazioni non abbiano i fondi necessari per aumentare i compensi dei loro dipendenti?» Una provocazione ben chiara tramite cui Rita Pavan e Lucia Pezzuto ribadiscono l’affermazione: «a fronte di un fatturato così grande, a mancare è solo la volontà».

La domanda sorge a questo punto spontanea. Come risolvere la questione? «A livello locale – rispondono i due segretari – sono state messe a punto diverse iniziative, ma Aris e Aiop ancora non rispondono. Una nuova porta, tramite cui aprire un dialogo – si spera definitivo – sarà quella del 15 aprile a Roma. Abbiamo convocato un attivo unitario dei delegati con la presenza dei segretari generali confederali. Non resta che vedere cosa succederà dopo l’unitario – conclude – e se ancora non riceveremo una risposta, andremo avanti con lo stato di agitazione, che non esclude uno sciopero generale della categoria».