Seveso, a 45 anni dal disastro

Sono trascorsi 45 anni dal disastro di Seveso. Era il 10 luglio 1976 quando, per effetto di un guasto a un reattore dello stabilimento Icmesa, si sprigionava una nube tossica destinata a investire i Comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio. Quei fumi nocivi innescarono polemiche politiche che proseguirono per anni. Il sindacato si trovò in una posizione delicata, stretto dalla necessità di tutelare i posti di lavoro nel rispetto della salute e dell’ambiente. «A livello territoriale – ricorda Fiorenzo Colombo, che per la categoria dei lavoratori chimici della Cisl seguì per anni gli sviluppi dell’incidente -, la fuoriuscita della diossina lasciò tutti interdetti. Anche gli addetti agli impianti non avevano piena coscienza di che cosa stesse succedendo e della pericolosità di quei fumi. C’era un misto di incredulità e sottovalutazione».

La fabbrica non si fermò subito, ma solo dopo tre o quattro giorni. «Ai lavoratori – spiega Diego Colombo, giornalista, autore del libro “Quelli della diossina” – fu chiesto di rientrare in fabbrica per mettere in sicurezza il reattore e smaltire il materiale. C’era ancora una grande quantità di triclorofenolo nell’azienda e si voleva che venisse reso inerte».

Per i lavoratori, un centinaio, fu poi prevista la cassa integrazione guadagni. La fabbrica fu fermata e non riaprì più. Lo stabilimento fu raso al suolo. «I dipendenti – prosegue Fiorenzo Colombo – vennero ricollocati in altri stabilimenti del gruppo o in altre aziende chimiche. Ci fu anche chi diede le dimissioni in cambio di una buonuscita. Dal punto di vista sanitario, nessun lavoratore patì conseguenze dirette per quell’incidente».

Se a livello territoriale non ci fu un’immediata presa di coscienza del problema, i dirigenti sindacali a livello regionale e nazionale compresero subito la portata dell’incidente. «I nostri responsabili – osserva Fiorenzo Colombo – avevano contatti con grandi gruppi chimici e con esperti che non veicolavano notizie confortanti. Il fatto che nel gruppo dirigente del sindacato ci fosse consapevolezza è dimostrato dal fatto che sulla stampa sindacale i primi articoli su Seveso apparvero già a settembre e ottobre, cioè poche settimane dopo la fuoriuscita della nube».

Il disastro di Seveso ha però avuto conseguenze importanti sul mondo del lavoro. La mobilitazione dell’opinione pubblica ha infatti portato all’approvazione della Direttiva Seveso sui grandi rischi. «Quel provvedimento – conclude Fiorenzo Colombo – ha imposto alle aziende di effettuare valutazioni preventive sugli impianti e sulle loro modifiche. A queste sono poi associate valutazioni annuali sui rischi. La nube tossica diede anche una grande spinta alle società di ingegneria per la progettazione di impianti più sicuri che non prevedevano il contatto diretto tra materie e lavoratori. Un grande passo avanti per la sicurezza».

Per ricordare che cos’è stato i disastro di Seveso, le associazioni Brianze e Alisei organizzano un ciclo di incontri che inizierà domani 6 maggio alle 17 con un incontro in videoconferenza sul tema «Che cosa è accaduto il 10 luglio 1976», con l’intervento del giornalista Diego Colombo. Lunedì 10 maggio è poi in programma una tavola rotonda virtuale (ore 17) con Carlo Ghezzi, Marco Caldirola, Alberto Colombo e Valeria Fieramonte. Martedì 11 maggio, a partire dalle 15 si terrà una visita guidata al Bosco delle Querce, il parco sorto nella ex Zona A dopo il disastro.