Brugola, tensioni post lockdown

Alla Brugola, azienda metalmeccanica che produce viti speciali a Lissone, c’è tensione tra Fim, Fiom, Uil e la direzione. La situazione è nata con la fine del lockdown. Molti lavoratori sono rientrati nello stabilimento. Una quarantina però sono rimasti fuori, in cassa integrazione, da marzo 2020. L’azienda ha giustificato la misura con la mancanza di ordini.

«Continuiamo a denunciare tale situazione senza però che l’azienda riveda la propria posizione e ristabilisca un minimo di equità nell’utilizzo dello strumento – spiega Eliana Dell’Acqua, Fim Cisl Mbl – forse alcuni lavoratori non sono graditi alla direzione aziendale e lo vogliono esplicitare non facendoli rientrare, mettendoli economicamente in difficoltà anche nel mantenimento delle famiglie e dei figli».

Le rappresentanze dei lavoratori hanno puntato i riflettori sul fatto che «l’utilizzo della cassa integrazione, che non è un problema utilizzare laddove è necessario, riguarda sempre e solo i soliti lavoratori che non sono mai stati fatti rientrare al proprio posto di lavoro nonostante ci sia la possibilità di effettuare la rotazione».

Questa situazione si è fatta particolarmente delicata in vista del possibile sblocco dei licenziamenti. La direzione avrebbe infatti convocato i lavoratori sospesi in colloqui individuali. A essi sono stati offerti incentivazioni per accettare il licenziamento. «In questo modo – spiega Eliana Dell’Acqua – si violano le normative nazionali in due modi. Anzitutto perché le norme emanate del Governo per la gestione della fase emergenziale dovuta alla pandemia di covid-19 prevedono il licenziamento consensuale, ma solo all’interno di una procedura collettiva e con la mediazione sindacale. In secondo luogo perché questi licenziamenti sono stati fatti con la conciliazione di un sindacato non presente in azienda».

Fim, Fiom e Uilm hanno chiesto all’Ispettorato del lavoro di effettuare indagini. «L’Ispettorato pare abbia avviato indagini – aggiunge Eliana Dell’Acqua -. C’è la necessità di sostenere le politiche del lavoro e di non scaricare sui lavoratori le difficoltà delle aziende. Non è possibile che, dopo tutti i soldi pubblici distribuiti alle imprese attraverso ristori, agevolazioni, oggi si permetta di poter licenziare scaricando ancora tutto sulle spalle dei lavoratori. Non è possibile che con arroganza, presunzione e possibilità economica a disposizione, ci siano realtà industriali in cui si pensa di poter aggirare le normative contrattuali e le leggi».