Non più fallimenti ma liquidazioni giudiziali

Una nuova Legge Fallimentare, in vigore dal 15 di luglio scorso, cambia radicalmente l’approccio alle crisi d’impresa. Decade il concetto di “fallimento”, rimuovendo di conseguenza l’onta dello stesso dalla reputazione dell’imprenditore. Al suo posto nasce un nuovo approccio orientato alla prevenzione, attuata mediante l’attivazione di alcuni alert, interni ed esterni all’azienda, che ne segnalano il potenziale stato di crisi futuro affinché si possa mettere in atto un piano di ristrutturazione prima che sia troppo tardi.

Le procedure cambiano nome, non si chiameranno più “fallimenti” ma “liquidazioni giudiziali” e viene nel contempo abbandonata la definizione che identificava la crisi in uno stato di “difficoltà economico-finanziaria dell’impresa”, sostituita dal concetto di “squilibrio economico finanziario”, dove gli indicatori dello stato di squilibrio sono rappresentati da due fattori: l’inadeguatezza dei flussi di cassa necessari a far fronte alle obbligazioni pianificate per i sei mesi successivi e l’assenza di una prospettiva di continuità. L’approccio normativo è sostanzialmente orientato al monitoraggio costante e all’attuazione di soluzioni più efficaci nel preservare la capacità imprenditoriale di coloro che sono minacciati da situazioni di crisi.

Responsabili della fase di allerta e prevenzione saranno gli organi interni all’azienda e i creditori pubblici qualificati, come l’Agenzia delle Entrate, l’INPS e l’Agente Incaricato della Riscossione. Saranno questi controllori ad avere l’obbligo di rilevare gli indicatori di crisi e segnalarne l’insorgenza all’OCRI (Organismo di Composizione Assistita della Crisi). Questo organismo, costituito presso le Camere di Commercio, dovrà accompagnare l’imprenditore nella crisi ed aiutarlo a trovare le soluzioni più idonee per superarla.

Tra le novità importanti della nuova legge vi è il rafforzamento del concordato preventivo in continuità a discapito di quello liquidatorio, relegato ad ipotesi residuale. Lo scopo è sempre quello di favorire il recupero della capacità dell’impresa, ristrutturata e risanata affinché possa rientrare nel mercato.

“La nostra preoccupazione” ha spiegato Antonio Mastroberti, Responsabile dell’ufficio vertenze CISL MONZA BRIANZA LECCO “è che nel nostro tessuto industriale, fatto prevalentemente di aziende di piccole dimensioni a conduzione familiare, le nuove normative rischiarano di rimanere solo sulla carta e di non avere alcuna efficacia nel risolvere le crisi”.

Il secondo punto di debolezza denunciato da Mastroberti è che il Sindacato viene coinvolto solo nella fase finale dei piani di ristrutturazione, non essendo uno dei soggetti designati dalla nuova Legge, mentre sarebbe opportuno che lo stesso partecipi fin dall’inizio per dare il proprio contributo al risanamento dell’azienda. Forte preoccupazione anche per l’estensione dei concordati preventivi in continuità che rischia di essere solo un modo per prendere tempo e quindi impedire ai creditori, nel nostro caso lavoratori, di agire e recuperare i propri soldi in tempi rapidi. “Staremo a vedere se le intenzioni del legislatore saranno confermate, oppure se il cambiamento sarà solo nominale e non sostanziale, con i lavoratori svantaggiati rispetto agli interessi delle aziende” ha concluso Mastroberti.

Ufficio Vertenze Cisl Monza Brianza Lecco