Il welfare nel nostro Paese sta cambiando. La crisi economica e le ristrettezze di bilancio costringono a una profonda rivisitazione del sistema di assistenza sociale. La Cisl, in quando sindacato e attore sociale di rilevanza, non vuole essere un mero spettatore dei cambiamenti, ma vuole parteciparvi. È questo il messaggio emerso dall’incontro de «I Venerdì della Cisl» che si è tenuto a Lecco oggi, 20 ottobre. «Non possiamo essere meri spettatori – ha spiegato Paola Gilardoni della segreteria Cisl Lombardia -. Dobbiamo essere protagonisti attivi di questi cambiamenti perché altri attori (banche, assicurazioni, ecc.) non occupino spazi che la ritirata del sistema pubblico nazionale sta creando. E dobbiamo offrire un contributo che venga incontro ai bisogni dei lavoratori, dei pensionati, ma anche del territorio».
Per una profonda riforma del welfare bisogna partire dallo scenario sociale ed economico italiano. Un contesto caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione, dall’aumento della non autosufficienza, da una bassa occupazione femminile, dalla crescita della povertà diffusa e da una spesa sociale fortemente sbilanciata sulla previdenza. «Di fronte a questa situazione – ha osservato Franca Maino, docente dell’Universita di Milano -, si profilano tre scenari: 1) lo smantellamento del welfare pubblico a favore della privatizzazione; 2) il mantenimento dell’attuale sistema è una sua progressiva razionalizzazione; 3) ripensare al sistema di welfare pubblico affiancandolo a quello che i tecnici chiamano “secondo welfare” nel quale operano attori pubblici e non pubblici. Personalmente credo che questa sia la strada più praticabile, soprattutto se pensiamo ad attori sociali collegati tra loro in rete in grado di intercettare le esigenze locali e di dare risposte puntuali. Anche il welfare aziendale può essere una parte di questo sistema».
Proprio in quest’ottica, a giugno a Lecco, è nata l’idea della piattaforma «Welfare territoriale a km 0 e inclusiva». Di essa ne fanno parte un gruppo di organizzazioni pubbliche, private e del privato sociale (tra le quali la Cisl). «Con l’apertura del mercato del welfare – ha sottolineato Mauro Gattinoni, direttore dell’Api di Lecco e e presidente del Network occupazione Lecco – si è scatenata una battaglia, soprattutto di soggetti privati (banche, assicurazioni, ecc.) per accaparrarsi fette di questo mercato. Ma offrono prestazioni costose e in realtà sono piattaforme di e-commerce. Attraverso la nostra piattaforma vogliamo invece dare risposte alle esigenze di lavoratori, pensionati e famiglie, valorizzando anche il territorio». Gattinoni ha fatto alcuni esempi. Perché non assicurare servizi a basso costo di doposcuola attraverso cooperative di maestre del territorio? Perché non fornire servizi di lavanderia offerti da associazioni di donne svantaggiate? Perché non offrire la consegna a casa della spesa fatta da negozi di prossimità e attraverso cooperative di persone disabili? Ma anche servizi di marketing sociale che legando in rete più negozi garantiscano al tessuto dell’associazionismo una parte dei loro proventi.
«Negli ultimi due anni – ha affermato Roberto Benaglia della Cisl confederale -, abbiamo assistito a un boom di welfare contrattuale, ma dobbiamo stare attenti. Come sindacato dobbiamo lavorare affinché questa non sia una bolla che termina con gli incentivi statali. In particolare, dobbiamo lavorare affinché, attraverso i territori, raggiunga i lavoratori, ma anche i disoccupati, i giovani e gli extracomunitari. È una grande sfida che, come Cisl, non possiamo non accettare. E, proprio come sindacato, non possiamo permetterci di essere semplici spettatori, ma dobbiamo essere protagonisti del cambiamento».