Sciopero nazionale CCNL UNEBA

Questa mattina le lavoratrici e i lavoratori del contratto UNEBA, fra cui una folta delegazione del nostro territorio che copre le province di Monza Brianza e Lecco, si sono riunite sotto la sede milanese dell’associazione per chiedere un rinnovo contrattuale dignitoso.

La proposta fatta da Uneba al tavolo per il rinnovo del contratto nazionale è irricevibile: 50 euro lordi di incremento, cioè 35 euro medi mensili sul livello 4S (dalle operatrici e operatori sociosanitari e dai coordinatori dei servizi ausiliari fino a educatrici e educatori con 24 mesi di anzianità), sono un’offesa per gli oltre 135mila lavoratori e lavoratrici che operano quotidianamente nel settore socio sanitario assistenziale educativo privato, cioè a prendersi cura di persone e soprattutto fragili.
“Con il contratto scaduto da quasi 5 anni, lo sciopero nazionale del 16 settembre è stato proclamato per la reiterata volontà della parte datoriale di non arrivare a sottoscrivere il rinnovo. La piattaforma unitaria è stata presentata dalle parti sindacali nazionali nel gennaio 2022 ma la trattativa è iniziata solo nel marzo 2023 e si è trascinata fino allo scorso giugno quando la proposta dell’Associazione Uneba è stata rigettata, perché lontana dall’importo necessario a recuperare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, quando l’inflazione è a due cifre e le retribuzioni sono al di sotto di quelle degli altri contratti nazionali applicati nel settore. Il lavoro va rispettato! – dichiarano Fp Cgil – Cisl Fp – Fiscascat Cisl – Uil Fpl e UilTucs della Lombardia -. L’incremento dei salari di solo il 3,58% in più, e peraltro vincolando gli importi agli stanziamenti pubblici, è una vergogna! Uneba mette tutto nel conto, anche condizioni di lavoro ormai insopportabili a causa delle carenze di organico che costringono anche a numerosi rientri per coprire i turni, e così il tempo personale viene pure sempre più compresso – sottolineano -. Le attuali retribuzioni non sono in grado di soddisfare le esigenze di una vita sempre più cara, oltre a non riconoscere dignità al settore di cura in un Paese longevo come il nostro”.