Pensioni, no a arretrati su indicizzazioni

La Corte Europea di Strasburgo ha detto no. E ha chiuso definitivamente la questione sul recupero degli arretrati in merito al blocco degli anni 2012 e 2013 dell’indicizzazione dei trattamenti pensionistici superiori tre volte il minimo Inps.

A livello nazionale oltre 10mila pensionati si erano affidati a uno studio legale di Roma per tutelare i propri interessi. Tra questi, anche circa 200 pensionati brianzoli. Tuttora c’è chi spera e si rivolge alla Fnp, il sindacato dei pensionati della Cisl, per avere informazioni in merito.

«Qualche pensionato – precisa Stefano Buzzi, responsabile settore welfare e pensionistico della Fnp Cisl Monza Brianza Lecco – chiede ancora notizie sulla vertenza al nostro ufficio di Monza. Ma la partita è ormai chiusa. Il ricorso è stato bocciato in maniera definitiva».

Se il ricorso fosse stato accolto, un pensionato con un trattamento medio mensile di 1.800 lordi, avrebbe avuto diritto a un rimborso di 2.380 euro lordi per il biennio 2012-2013. In realtà ha ricevuto a luglio 2015 un rimborso una tantum di soli 955 euro lordi.

«Ma già dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 250/2017, che aveva appunto ritenuto legittima la normativa adottata del Governo con il Decreto Legge n. 65/2015 – aggiunge Buzzi -, come sindacato avevamo sconsigliato di avviare ulteriori ricorsi. Ritenevamo che non ci fossero argomentazioni consistenti per sostenere le proprie ragioni in altra sede».

C’è però chi ha deciso diversamente, sostenendo che il Decreto Legge in questione avrebbe prodotto un danno immediato legato al rimborso solo parziale di quanto dovuto, e un danno permanente per effetto del blocco delle rivalutazioni nel biennio 2012-2013.

Tutte tesi che la Corte di Giustizia Europea non ha ritenuto valide, dichiarando appunto inammissibile il ricorso. I giudici europei hanno riconosciuto, infatti, come il provvedimento deciso dal Governo con il Decreto Legge n. 65/2015 sia stato introdotto per «proteggere il livello minimo di prestazioni sociali e garantire contemporaneamente la tenuta del sistema sociale per le generazioni future».

Il provvedimento, inoltre, è stato preso in un periodo «in cui la situazione economica italiana era particolarmente difficile». La Corte di Strasburgo ha pure sottolineato come «gli effetti della riforma del meccanismo di perequazione sulle pensioni dei ricorrenti non siano a un livello tale da esporli a delle difficoltà di sussistenza incompatibili con quanto prescritto dalle convenzioni europee dei diritti umani».