Sanità, «un’unica Asst per la Brianza»

Una unica Asst della Brianza. Una scelta che deve essere accompagnata da una discussione pubblica e partecipata su «chi fa che cosa» per ogni struttura ospedaliera della Brianza e da un confronto su servizi territoriali e sugli organici.  Questa la proposta che Cgil, Cisl e Uil provinciali insieme alle rispettive categorie dei pensionati e della Funzione Pubblica hanno illustrato e formalizzato all’assessore regionale Gallera che ha convocato, lunedì 25 febbraio, le organizzazioni sindacali per conoscere anche il loro punto di vista sul tema dei confini delle aziende ospedaliere in Brianza. Alla riunione erano presenti anche la presidente del Consiglio di rappresentanza dei sindaci Ats Molteni e alcuni consiglieri regionali.

Una proposta, quella sindacale, già nota e spiegata negli ultimi mesi alla stampa e con due presidi presso l’ospedale di Carate e l’area ex Montana di Lissone. «Abbiamo valutato positivamente la convocazione della Regione. All’assessore abbiamo ribadito la nostra preoccupazione per una discussione che abbiamo ritenuto inadeguata se centrata solo sui confini delle aziende e non, soprattutto, sui servizi territoriali e sugli organici», spiega Walter Palvarini segretario della Cgil Monza e Brianza.

«Sappiamo bene che gli attuali confini creano difficoltà alle cittadine e ai cittadini – continua Rina Del Pero della UIL Brianza -. Abbiamo ricordato, ad esempio, che i residenti di Lissone o Macherio o Sovico si rivolgono più facilmente al San Gerardo e non a Vimercate e che vi è un consolidato rapporto funzionale tra le strutture di Desio e Seregno».

«Infatti – prosegue Palvarini – queste situazioni erano note già tre anni fa, quando eravamo notoriamente contrari a modificare i precedenti confini. Dopo una grande fatica fatta dai lavoratori e dagli uffici per organizzare le nuove aziende sanitarie, non si può semplicemente tornare indietro come se nulla fosse. Nel frattempo sono stati spesi soldi, sono stati riorganizzati reparti ospedalieri, ridefinite o ridotte attività socio sanitarie nel territorio e alcuni lavoratori ci hanno pure perso parte delle retribuzioni variabili, in ragione delle diverse storie contrattuali delle precedenti aziende. Anche per questi motivi devono essere esplicitati i criteri per scegliere tra le varie ipotesi».

«La nostra proposta sembrava una provocazione anche a noi stessi, poi ci siamo via via convinti che sia l’unica idea davvero possibile per garantire una vera programmazione dei servizi sul territorio, anche in termini di organizzazione e dotazioni tecnologiche e per rendere certa la sostenibilità del sistema sanitario anche in Brianza», è la considerazione di Mirco Scaccabarozzi segretario della Cisl Monza, Brianza, Lecco.

La proposta sindacale, come detto, non si concentra solo sui confini delle aziende sanitarie, ma chiede di fare chiarezza sul ruolo e sulle dimensioni dei Presst (Presidi sociosanitari territoriali) e sui Pot (presidi ospedalieri territoriali) che dovrebbero essere il luogo dell’integrazione tra servizi sanitari, sociosanitari e sociali.

Palvarini e Scaccabarozzi spiegano: «Vuol dire sapere quanti Presst si ritiene debbano essere costituiti, quali servizi fondamentali debbano garantire e quali figure professionali debbano essere presenti. Inoltre deve essere chiarito quali siano i requisiti per accreditare i POT (Presidi ospedalieri territoriali) e quindi come si debba dare assistenza specifica ai pazienti cosiddetti subacuti e post acuti, dotandosi anche di strumenti più efficaci per seguire le patologie croniche».

Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto all’Assessore un «ritorno» dopo la valutazione in corso dei dati territoriali e prima della decisione che spetta comunque al Consiglio regionale.  Alla fine dell’incontro i consiglieri regionali hanno dichiarato che anche la proposta che stanno valutando è quella di un’unica Asst sul territorio della Brianza. Commentano i tre sindacalisti: «Fatto salvo che sostanzialmente e formalmente non ci risulta esser stata presa ancora una decisione, prendiamo atto che quella di oggi è una ipotesi diversa da quella che era stata votata a dicembre in Consiglio regionale. Nel frattempo continueremo a monitorare la situazione e a confrontarci con lavoratori, pensionati e cittadini per garantire il diritto al sistema sanitario che deve rimanere universale, pubblico e solidale, conclude Del Pero.