Lecchese, l’occupazione cala dell’1.7%

Cala l’occupazione nella Provincia di Lecco. Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio, la provincia evidenzia un calo dell’1,7% degli occupati, e si tratta del calo più accentuato tra i territori lombardi (oltre a Lecco solo Varese, evidenzia una diminuzione simile).

A Lecco il totale delle forze lavoro passa da 159.800 unità del 2017 a 157.800 del 2018. Il tasso di occupazione passa dal 69,2% del 2017 al 68% del 2018; ciononostante il valore si mantiene superiore alla media regionale (67,7%) e a quella nazionale (58,5%).

Con riferimento ai settori, l’occupazione lecchese nel 2018 è cresciuta solo nell’agricoltura (+87,1% contro il -2,4% regionale e il +0,1% nazionale); l’industria ha registrato un calo dell’1,8% (a fronte del -0,5% della Lombardia e del +1,2% nazionale) e i servizi del 2,2% (Lombardia +1,2%; Italia +0,7%).

Paragonando il dato 2018 con quelli pre-crisi, il numero complessivo di occupati della nostra provincia è calato di circa 1.900 unità (-1,3% contro il -0,8% lombardo e nazionale): il numero indice delle donne occupate (ponendo quello 2008=100) è salito a 104,7, mentre quello degli uomini è calato a 94,6.

Sempre rispetto al 2008, sono aumentati i lavoratori lecchesi del settore terziario (106,1): mentre sono calati quelli di agricoltura e industria (gli indici del territorio lecchese si sono attestati rispettivamente a 59,1 e a 90,8).

Aumenta il tasso di disoccupazione maschile (dal 3,4% al 5,1%), mentre diminuisce quello femminile (dal 7,6% al 6,4%): gli uomini in cerca di occupazione crescono di oltre 1.440 unità e le donne calano di quasi 1.000. Tuttavia, rispetto al periodo pre-crisi il tasso di disoccupazione lecchese è cresciuto di oltre due punti percentuali (era pari al 3,2% a fine 2008): è aumentato sia il dato degli uomini (dal 2,3% al 5,1%) che delle donne (dal 4,5% al 6,4%).

«La flessione è limitata e quindi, al momento, non è preoccupante – commentano Mario Todeschini della segreteria Cisl Monza Brianza Lecco ed Enzo Mezzania, responsabile politiche del lavoro -. Ciò segna però un’inversione di tendenza che va monitorata con attenzione. A nostro parere questo è dovuto a una combinazione di fattori. Da un lato, il ritorno di difficoltà di mercato che hanno portato a un nuovo ricorso ad ammortizzatori sociali. Dall’altro, agli effetti del decreto dignità che, disincentivando i contratti a termine in luogo di quelli a tempo determinato, hanno portato molti imprenditori a non confermare i lavoratori e a sostituirli con altri assunti con contratti diversi».