I lavoratori dell’Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) organizzano domani, 25 luglio, un presidio davanti all’ospedale San Gerardo di Monza. Vogliono, in questo modo, denunciare le condizioni nelle quali lavorano, le carenze negli organici e il rischio concreto che il loro impegno non sia più sufficiente a garantire servizi sanitari di qualità.
«È da giugno – spiega Lucia Pezzuto, Cisl Fp – che i dipendenti promuovono una mobilitazione che vede, per la prima volta, tutte le organizzazioni impegnate in modo unitario, con due obiettivi: tutelare i diritti e le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Asst Monza e difendere il diritto di tutti i cittadini di poter accedere ad una servizio sanitario dignitoso».
Dopo i volantinaggi e le assemblee, la scorsa settimana è stata varata anche una piattaforma sindacale con la quale la Rsu e le segreterie sindacali territoriali chiedono un piano triennale di assunzioni, in aggiunta alla sostituzione del personale in uscita, che preveda almeno 80 infermieri, 100 operatori sociosanitari e 50 persone tra tecnici, assistenti sociali, educatori e personale amministrativo.
Inoltre viene chiesto un confronto con la direzione per definire un progetto complessivo di gestione organizzativa del personale che preveda i criteri di priorità per assegnare i nuovi assunti e per procedere ad eventuali spostamenti tra diverse unità operative.
Altri punti del documento sindacale riguardano la stabilizzazione dei contratti a termine e dei lavoratori assunti con «contratti flessibili» in posizioni che non sono temporanee od occasionali e l’introduzione della metodologia RN4cast, ampiamente utilizzata in Europa, per la definizione degli standard assistenziali e quindi del personale necessario nei vari servizi.
«Proprio in occasione delle recenti assemblee sindacali (molto partecipate) e nei contenuti di alcune lettere sottoscritte dal personale di alcuni reparti – continua la Pezzuto -, le lavoratrici ed i lavoratori hanno confermato una situazione critica, non solo riferibile a un generico disagio, ma di allarme per la qualità delle prestazioni erogate. Aumentano i rischi per la sicurezza degli operatori e dei pazienti e la probabilità di errori a causa dei carichi di lavoro, delle ore di straordinario richieste, della difficoltà a rispettare orari e turnistica, della necessità di saltare riposi, dell’impossibilità di recuperare i giorni di ferie accumulati».
In alcuni casi viene segnalato lo stato inadeguato o vetusto degli strumenti di lavoro e la mancanza di rispetto delle diverse professionalità e ruoli, con quotidiani episodi di demansionamento.
«Il disagio per le crescenti difficoltà nel rapporto con l’utenza è diffuso – conclude la Pezzuto -: in molti hanno condiviso che il senso di appartenenza aziendale e lo storico orgoglio di lavorare per un servizio pubblico viene messo a dura prova dalle risposte che si è costretti a dare sulle liste di attesa».