«Ilva, temiamo per il Lecchese»

«La crisi a seguito del ritiro di Arcelor Mittal dal perfezionamento dell’acquisto dell’Ilva rischia di travolgere l’industria metalmeccanica lombarda, già affaticata dal calo del mercato dell’auto e alla frenata della Germania. Colpire l’industria siderurgica ex Ilva equivale a danneggiare a cascata tutta la filiera, perché renderà complicato l’approvvigionamento di acciaio e costringerà le nostre imprese a rifornirsi dall’estero, con gravi contraccolpi in termini di posti di lavoro anche nel settore metalmeccanico lombardo. La vertenza è una battaglia anche dei metalmeccanici di questa Regione». Così Andrea Donegà, segretario generale Fim Cisl Lombardia.

«Siamo molto preoccupati – aggiunge -. Innanzitutto per le possibile ricadute sui lavoratori delle sedi Arcelor di Milano e hinterland, sui dipendenti della controllata Innse Cilindri di Brescia, ma non solo. Pensiamo per esempio ai vari distretti industriali: la meccanica strumentale di Bergamo e Brescia e la metalmeccanica di Lecco, con il rischio di spostare all’estero la catena dei fornitori, con ripercussioni sulla competitività e conseguente perdita di valore e posti di lavoro, impoverendo tutto il tessuto produttivo».

Le ricadute sul territorio preoccupano anche la Fim Cisl Mbl. «Siamo preoccupati per le possibili conseguenze che la situazione dell’Ilva può avere nel Lecchese – osserva Enrico Vacca, segretario generale Fim Cisl Mbl -. Da parte nostra monitoreremo la situazione per evitare ogni contraccolpo che possa incidere sul tessuto industriale locale e sull’occupazione».

Il dramma legato all’ex Ilva si potrebbe tradurre in un miliardo di Pil bruciato nel Nord del Paese, ovvero a tantissimi posti di lavoro che andrebbero in fumo. «Non possiamo mettere a rischio la nostra indipendenza industriale che aprirebbe le porte a una nuova crisi in una regione dove l’industria metalmeccanica mostra segnali preoccupanti – conclude Donegà -. Terremo monitorata la situazione e, se necessario, attiveremo forme di mobilitazione per contrastare chi ha in mente un paese che non prevede un ruolo centrale per il lavoro».