METALMECCANICI, LA CRISI MORDE IN BRIANZA

La recessione ha colpito duramente il settore hi tech nel Vimercatese, ma anche molte altre piccole e medie imprese del territorio. Redaelli (Fim): «La Brianza deve fare sistema per aziende e istutuzioni devo sostenere e promuovere insieme le nostre specificità».

La crisi ha colpito duramente il settore metalmeccanico in Brianza. A pagare il prezzo più alto è stato l’hi-tech, concentrato in larga parte nel vimercatese. Anche se isole felici continuano a esistere nel nostro territorio. È un’analisi in chiaroscuro quella di Gigi Redaelli, segretario generale aggiunto della Fim Cisl Monza Brianza Lecco.
All’inizio della crisi, nell’autunno 2008, il comparto era uno dei pilastri fondamentali dell’economia locale e dava lavoro a 70mila persone. Oltre a una diffusa presenza di imprese artigiane, vantava una rete di grandi imprese nei settori dell’elettronica, delle bullonerie, della componentistica delle auto.
Con l’arrivo della recessione, a risentirne maggiormente è stato l’hi-tech. Pensiamo a crisi aziendali come quelle della Celestica, poi Bames e Sem entrambe fallite; dell’Alcatel Lucent, che in una decina di anni è passata da tremila a 800 dipendenti; della Micron, che dei 1.300 dipendenti iniziali ne sono rimasti 300. La Silicon Valley italiana è entrata in sofferenza. «In questa crisi – spiega Redaelli – paghiamo molto l’incapacità del territorio e del Paese di fare sistema. È vero che nel Vimercatese è stato creato il distretto Green Hi Tech, ma con risultati scarsi dovuti al disinteresse e ai pochi soldi investiti. In Brianza, come anche nel resto d’Italia, è indispensabile per le aziende e le istituzioni creare reti che sostengano e promuovano le nostre realtà e i nostri prodotti».
A soffrire anche molte realtà piccole e medie che in questi anni si sono scontrate con la contrazione dei mercati, la riduzione dei crediti, la forte concorrenza estera. «In molti casi – continua Redaelli – abbiamo cercato di salvaguardare i lavoratori attraverso gli ammortizzatori sociali. Sono strumenti utilissimi ma, dobbiamo essere sinceri, tamponano le difficoltà, non le risolvono. Servirebbe un investimento nella formazione e nella riqualificazione del personale. Ma è indispensabile un cambiamento di mentalità da parte di tutte le componenti del mondo del lavoro. E non so se tutti sono pronti ad accettare un cambiamento simile».
In Brianza però esistono ancora imprese in grado di affrontare la crisi. «Le grandi bullonerie – conclude Redaelli – hanno retto bene all’urto. Non hanno utilizzato ammortizzatori sociali e, in qualche caso, hanno addirittura continuato ad assumere. Lo stesso è capitato alla St di Agrate Brianza che negli ultimi anni ha assunto 800 dipendenti. È grazie a queste aziende che l’impatto sull’occupazione è stato, in parte, attutito».