Rottapham licenzia 76 lavoratori

La trattativa è virtuale, ma i licenziamenti sono reali. La vertenza Rottapharm Biotech ha dell’incredibile. Il licenziamento di 76 ricercatori è stato loro comunicato il 19 febbraio, esattamente quattro giorni prima della sospensione delle vertenze previste per l’epidemia da coronavirus. Il sindacato ha chiesto più volte di rimandare la vertenza a giugno, ma l’azienda non ha accettato.

«Oltre al danno la beffa! – spiega Tiziano Cogliati, Femca Cisl Mbl -. Le misure restrittive imposte dai decreti ministeriali impediscono infatti ogni forma di protesta: vietati i presidi, gli assembramenti, ma vietate anche le assemblee. Non c’è quindi alcuna possibilità di “gridare al mondo” il proprio dramma».

I ricercatori, tra l’altro hanno un’età media di 48 anni e una vita media in azienda di 17 anni. «Per loro sarà difficile  ricollocarsi – continua Cogliati -. Anche tenendo conto che il settore della ricerca farmaceutica in Italia non naviga certo in buone acque».

Ma sono tante le anomalie di questa trattativa virtuale. «Citiamo ad esempio – afferma un comunicato unitario di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltece Uil -, il paradosso che mentre l’azienda offriva in trattativa un pacchetto di outplacement, il presidente del gruppo, lanciava sulla stampa locale la notizia dell’avvio della ricerca del vaccino contro il covid-19. Notizia poi fortemente ridimensionata al tavolo della trattativa: che gioco si sta facendo?».

L’azienda ha giustificato i licenziamenti sostenendo che i costi per la ricerca sono troppo elevati e i risultati sono ridotti. Tanto è vero che  Rottapharm non avrebbe prodotto utili negli ultimi cinque anni. «Il messaggio è chiaro – spiegano le organizzazioni sindacali -: che sia a spese dello Stato la ricollocazione dei lavoratori?  Forse si sono stufati del modello monzese di ricerca? Non hanno pensato di convertire le professionalità e le competenze dei suoi lavoratori per continuare la ricerca? Come scarpe vecchie, non servono più e si buttano via, che sia qualcun altro a ripararle!».

Il sindacato ha cercato dal 19 febbraio di poter contrattare con l’azienda un indennizzo economico dignitoso, almeno al pari di quelli che erano stati concordati per altri esuberi negli anni precedenti.

«L’azienda ha avuto in tutto il periodo un atteggiamento arrogante – conclude Tiziano Cogliati -, non si è mostrata comprensiva con i lavoratori, non concedendo una sospensione della procedura di licenziamento, anzi approfittando della sua posizione di forza ha proferito frasi ultimative, cercando di intimidire i lavoratori, minacciando in ogni momento. Da ultimo ha ritirato quanto messo a disposizione, nel tentativo di far firmare l’accordo prima della seconda fase della trattativa, la fase istituzionale, che si svolgerà al ministero del lavoro il 14 maggio. Il sindacato ha cercato di esercitare la rappresentanza in mezzo alle mille difficoltà di queste settimane. L’emergenza passerà, ma i posti di lavoro non torneranno, mentre la proprietà continua a fare i suoi investimenti per far crescere il suo patrimonio altrove».