«Voss, ho perso il lavoro non la dignità»

Continua a Osnago la protesta dei lavoratori della Voss. In attesa dell’incontro che si terrà in Regione Lombardia lunedì 28, il presidio davanti ai cancelli della fabbrica non è stato smantellato. Qui di seguito pubblichiamo una riflessione di uno dei 70 dipendenti che rischia di perdere il proprio posto di lavoro. Sono parole toccanti che, come Cisl, sentiamo di fare nostre.

In questi giorni la mia azienda ha annunciato la chiusura per delocalizzazione del mio stabilimento e conseguenti 70 licenziamenti. E io con vergogna, non l’ho detto a nessuno.

Ho sperimentato sulla mia pelle l’apatia che questa notizia ti porta a subire. Questa apatia mi ha portato a vivere nella paura del domani e nemmeno a gioire delle decisioni importanti della mia vita come l’anello consegnato alla mia fidanzata solo qualche giorno prima, il desiderio della nostra vita insieme che si realizzava con il rogito firmato in questi giorni.

Mi vergognavo, pensavo di avere delle colpe, di essere stato uno stupido, un deficiente forse perché non «avevo capito» – come qualcuno mi ha detto.

Coerente con le mie scelte di vita, con i valori in cui credo ho chiesto rispetto, dignità, ho partecipato alla protesta non-violenta insieme ai miei colleghi e provato sulla mia pelle il freddo delle notti all’addiaccio, dei dubbi sul futuro e dei sacrifici da intraprendere.

Ho visto, però, nelle persone, nella società civile e nelle istituzioni il valore del Bene Comune. Ho visto come la solidarietà delle persone e organizzazioni ci abbia riempito i cuori (e la pancia) con piccoli gesti, anche solo di bellezza. Perché una «Stella di Natale» può sembrare inutile a un presidio fuori dai cancelli di una industria metalmeccanica, ma nulla è scontato in questi giorni, nemmeno la bellezza.

Ho visto una giovanissima 18enne credere in valori, portare un pacco di cioccolatini e commuovere con tale gesto persone burbere e disilluse dalla situazione. Ho visto la speranza, il miracolo del Natale forse.

Ieri, di fronte a un gesto assurdo di violenza e di scontro senza alcun pretesto ho avuto paura nell’espormi. Di fronte al muso di un’auto mi sono scansato. Di fronte alle urla e agli insulti che venivano sbraitati ho preferito non rispondere, non per superiorità e rispetto ma perché mi vergognavo di quello che mi veniva detto. Mi sono sentito in colpa per quello che stava accadendo.

Quelle parole, però, hanno seminato. Incredibilmente direi. Quegli insulti hanno ottenuto una reazione contraria. Perché quelle parole, invece che seppellirmi, mi hanno ridato forza.

Non devo vergognarmi della mia situazione. Io ho lavorato in tutti questi anni dando il meglio, tra alti e bassi, come tutti e come la vita prevede.

Non ho colpe se mi trovo in questa situazione, men che meno le colpe e gli epiteti che mi sono stati affibbiati con quelle urla.

Non sono disperato, perché la speranza mi è data dalle persone che ho affianco.

Sono semplicemente senza un lavoro. Lavoro che mi è stato tolto (sulle ragioni e perché poi se ne discuterà).  Avete provato a togliermi la dignità. Ma grazie a voi invece l’ho ritrovata. Avevo perso la fiducia nelle istituzioni. Ma grazie a voi l’ho ritrovata. Spero possiamo chiuderla qui. Ormai io sono a posto con me stesso.