«L’impianto Teva non deve chiudere»

Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil in un comunicato stampa dicono no alla chiusura dello stabilimento Sicor Teva di Bulciago (Lc). Una chiusura inspiegabile soprattutto perché si tratta di un sito che produce utili e perché mette a rischio il posto di lavoro di un centinaio di lavoratori. Di seguito il comunicato.

Dopo un’attenta valutazione di tutte le possibili alternative Teva ha deciso di interrompere le produzioni a Bulciago entro la fine di aprile! Così recita una slide presentata.

I lavoratori, Il territorio e le organizzazioni sindacali non ci stanno!

Dopo la nostra richiesta di incontro a fronte dell’annuncio di chiusura del sito di Bulciago, in data 22 febbraio in videoconferenza si è tenuto il confronto tra la direzione di Sicor Teva e le segreterie nazionali e territoriali di Filctem, Femca, Uiltec assistite dal Coordinamento di tutte le organizzazioni sindacali e Rsu di tutti i siti del gruppo.

Come segreterie nazionali abbiamo sin da subito dichiarato irricevibile la scelta annunciata che la società ha provato a giustificare: la continua pressione sui costi nell’industria del farmaco, impressa dalla crescita dei volumi degli equivalenti ha favorito lo sviluppo della produzione nei paesi a basso costo per cui la concorrenza di prodotti di base come quelli realizzati a Bulciago è aumentata. Tutto ciò, ha comportato una riduzione del 90% dei volumi prodotti dal 2012 al 2021 facendo risultare, secondo l’azienda, le attività produttive del sito non più sostenibili.

Come organizzazioni sindacali nazionali abbiamo sollevato il grave problema della qualità dei principi attivi prodotti in Cina e in India, che hanno già comportato gravi problemi nei farmaci utilizzati in Europa, che in alcuni casi hanno portato alla morte i pazienti ai quali sono stati somministrati. E la decisione di Sicor Teva è in controtendenza rispetto ad altri produttori di principi attivi che hanno riportato in Italia le produzioni.

Per contrastare quanto riepilogato sopra la Sicor Teva a suo dire avrebbe: riattivato la produzione di alcuni farmaci, dopo le non conformità riscontrate dagli organismi regolatori, riacquistando la fiducia di Aifa e dei clienti; sono stati rafforzati il sistema di qualità e le capacità operative in tutte le funzioni aziendali; sono stati migliorati la struttura e gli impianti per soddisfare gli standard di Gmp; sono stati inoltre attivati i piani di controllo e attuata la riduzione dei costi.

Ma tutto questo non è bastato, in quanto il 16 febbraio è stata annunciata la chiusura e la perdita di 109 posti di lavoro.

Oltre il danno, la beffa! Si chiede ai lavoratori che fino ad aprile dovranno proseguire le lavorazioni di Carbidopa e Metoprololo per poi cessare, mentre «ovviamente» le lavorazioni per gli altri prodotti verranno cessati sin da subito.

Per concludere le dichiarazioni aziendali per la fine dell’anno dovrà avvenire la messa fuori servizio e la preparazione allo smantellamento (bonifica) dello stabilimento.

È stato doveroso fare una forte critica anche sui tempi dell’annuncio, dato proprio nel bel mezzo del rinnovo dell’accordo integrativo avviato da circa due mesi, sapendo che c’è il blocco dei licenziamenti fino a tutto il mese di marzo ma con una richiesta del sindacato confederale di prorogare questa norma per ulteriori mesi.

È stato dichiarato più volte irricevibile la chiusura di un sito così importante per il gruppo Sicor Teva, oltretutto perché facente parte di un settore come quello farmaceutico da sempre trainante per l’economia del nostro Paese e che anche in un periodo di pandemia come quello che ci affligge dal febbraio 2020 non si è mai fermato.

Ancora una volta siamo portati a fare delle riflessioni doverose su come certe Multinazionali con facilità annunciano delle chiusure solo per le proprie strategie economiche globali. Dobbiamo fare in modo che anche il Governo sia sempre più attento allo «scempio» che siamo costretti a subire.

Vogliamo risposte non solo sulle motivazioni che parzialmente sono state date, vogliamo anche dettagli economici che diano evidenza delle motivazioni che hanno condotto realmente a questa decisione.

Rimaniamo fermi con tutto il Coordinamento affinché sia garantita la continuità produttiva e quindi la rinuncia definitiva allo smantellamento, e rimanendo a disposizione per approfondire tematiche che rendano competitivo lo stabilimento chiedendo fin d’ora che un eventuale risposta negativa in merito dell’azienda, apra un percorso che vada verso la cessione dello stabilimento, che ne salvaguardi l’occupazione.

A questo, la direzione aziendale ha chiesto di fare una riflessione e per tale motivo la riunione con la presenza di tutto il coordinamento è stata rinviata al prossimo lunedì 1 marzo alle ore 10. Per tutta la settimana continuerà il presidio permanente e dalle organizzazioni sindacali territoriali è stato richiesto che la vertenza abbia un carattere nazionale.

Abbiamo accolto tale richiesta con grande senso di responsabilità, e con la consapevolezza che purtroppo il tema delle chiusure di stabilimenti e del conseguente licenziamento dei lavoratori, rappresenterà un problema nazionale. Come segreterie nazionali già dalle prossime ore ci attiveremo per dare un risalto a livello nazionale, coinvolgendo le istituzioni locali e nazionali per tentare di non mettere la parola fine allo stabilimento di Bulciago.