Tessile, la pandemia picchia duro

La crisi dovuta alla pandemia mette a rischio «fino al 30% della forza lavoro» nel settore del tessile in Italia. Sono le previsioni unitarie delle categorie di Cgil, Cisl e Uil, che si augurano di «essere smentite» dai fatti. Per far fronte a questa situazione i sindacati ritengono necessario «investire sulle aziende per una vera e propria riconversione industriale», spiega il segretario generale della Femca Cisl Lombardia, Paolo Ronchi.

«Nella sola Lombardia, la seconda regione manifatturiera d’Europa – osserva – abbiamo stimato un rischio del 20% per il tessile e tra il 4 e il 10% per le altre categorie che rappresentiamo, la chimica, la farmaceutica, la gomma-plastica, la cosmesi e il vetro». Ci sono situazioni che vanno bene, come il settore farmaceutico, che ha chiuso il 2020 con un lieve calo per via dei forti acquisti registrati a inizio anno per riempire i magazzini, ma «bisogna intervenire sulle aziende – afferma Ronchi – e accompagnarle in un percorso di cambiamento che possa portare una prospettiva di sviluppo».

«Anche le aziende con poche prospettive vanno riaccompagnate verso un percorso di riqualificazione – conclude Ronchi – e per farlo ci vogliono la fabbrica, le imprese ma anche la riqualificazione del personale e ora che ci sono i fondi non possiamo perdere questa occasione».

Nel Lecchese la crisi del tessile è meno avvertita. «Dopo l’uscita dal comparto delle tessiture per abbigliamento – spiega Massimo Ferni, Femca Cisl Mbl -, nella nostra provincia il settore è composto in maggior parte da tessiture che producono per l’arredamento. In questi mesi, gli ordini non sono mancati e possiamo dire che il comparto stia tenendo. Qualche problema c’è, ma complessivamente l’impatto della crisi covid-19 non è stato così duro come si poteva temere nei mesi scorsi».

Anche Brianza, come nel Lecchese, il tessile-arredamento (divani, sedie, ecc.) ha tenuto. «In questo comparto non abbiamo gravi problemi – spiega Cogliati -. Le aziende hanno continuato a lavorare e i prodotti sono stati venduti. A parte alcuni casi limitati, non possiamo parlare di crisi».

Diversa la situazione per il tessile-abbigliamento dove la situazione è molto delicata. «Il comparto dei capispalla (giacche, maglioni, camicie, ecc.) – osserva Tiziano Cogliati Femca Cisl Mbl – ha risentito parecchio della crisi legata alla pandemia di coronavirus. Lo smart-working ha costretto le persone a casa. Chi lavora a casa è meno incentivato ad acquistare vestiti nuovi. Se a ciò aggiungiamo il fatto che i negozi di abbigliamento non sono rimasti aperti, il quadro si complica. Nel 2020, abbiamo stimato un calo medio del 30% del fatturato. In Brianza, il settore tessile-abbigliamento è ancora forte e vanta realtà di tutto rispetto come Colmar, Fedeli, Canali. Ancora più critica la situazione delle lavanderie industriali. Queste ultime hanno risentito fortemente della chiusura di alberghi e ristoranti. Qui il calo del fatturato è stimato nel 50%.

«Il timore – conclude Cogliati – è che con la fine del blocco dei licenziamenti ci possano essere ricadute sui dipendenti. Noi, come sindacato, lavoreremo per sostenere i livelli occupazionali attuali tutelando al massimo i lavoratori».